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Sulle tracce della vita e dei capolavori di Beppe Fenoglio ad Alba: I ventitré giorni della città di Alba, Una questione privata, La malora e Il partigiano Johnny

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In un periodo in cui la Resistenza è tornata ad essere l’unica strada percorribile per ribellarsi all’oppressore, celebrare i cent’anni di Beppe Fenoglio assume un significato particolare, attuale e ancora più profondo. Nato ad Alba (Cuneo) il 1º marzo 1922, Beppe Fenoglio si definiva scrittore partigiano. La penna e la macchina da scrivere erano le sue armi predilette di denuncia sociale e politica. A queste subentravano il fucile e la pistola quando le parole non erano più sufficienti per contrastare il nemico e liberare la propria patria dall’invasore.

Da Alba inizia la storia, nonché il tour Tra le righe di Fenoglio. Si tratta di una passeggiata nel centro storico della capitale delle Langhe, a cui ho partecipato per approfondire la conoscenza dello scrittore partigiano tra vita pubblica e privata. Il tutto grazie ai luoghi più cari a Beppe Fenoglio, nonché location dei suoi racconti. Tra essi ricordiamo: I ventitré giorni della città di Alba, Una questione privata, La malora e Il partigiano Johnny.

Beppe Fenoglio ad Alba: il legame con la città dalla nascita alla giovinezza

Il punto di partenza del percorso Tra le righe di Fenoglio è Piazza Rossetti 2, sede del Centro Studi Beppe Fenoglio, nonché abitazione dello scrittore tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. L’edificio si trova nel cuore di Alba di fronte al Duomo che si affaccia sull’omonima Piazza. Nonostante la vicinanza con il luogo di culto e la devozione della madre, Beppe era ateo. Infatti, si sposò in municipio (primo matrimonio civile ad Alba) destando scandalo e indignazione tra i suoi compaesani e tra le gerarchie ecclesiastiche.

Questo si rivelò uno dei primi motivi di scontro con la mamma, donna autoritaria e risoluta, che aveva le idee ben chiare sul futuro dei suoi figli. Per tutti i tre (Marisa, Walter e Beppe) la signora Fenoglio scelse il liceo classico e poi l’università. E tanto furono idilliaci e insuperabili gli anni delle superiori che Beppe non riuscì a completare gli studi universitari presso la Facoltà di Lettere di Torino. Questa interruzione avvenne non solo per mancanza di volontà.

A fermare la sua carriera universitaria, ci pensò lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Beppe si arruolò nell’esercito per poi aderire alla Resistenza, diventando partigiano prima tra i Garibaldini e poi nei Badogliani. Tutto ciò che vide e provò sulla sua pelle durante gli anni del conflitto cambiò per sempre la sua vita, le sue priorità e la visione del mondo. 

La scrittura rimase sempre il suo punto fermo. Nel 2005, ben quarantadue anni dopo la sua morte, gli permise di ottenere quell’agognata laurea che la madre desiderava tanto per lui. Così si realizzò, seppur in ritardo, la sua previsione. Dopo la pubblicazione del primo libro avrebbe ricevuto il titolo di studio oggetto di continue discussioni in famiglia. 

Beppe Fenoglio: traduttore a tempo pieno e scrittore a tempo perso

Altro tema spinoso e osteggiato era la scrittura. All’epoca questa attività non veniva considerata un mestiere, bensì una perdita di tempo. Infatti, Beppe lavorava come corrispondente in lingue estere in un’azienda vitivinicola in centro ad Alba e scriveva nel tempo libero, soprattutto di notte. L’impiego diurno di Fenoglio rivelava la sua bravura e la grande passione per l’inglese. Di questa tuttora gli albesi più anziani conservano un vivido e divertito ricordo, come quello condiviso da un signore di passaggio in Piazza Duomo mentre era in corso la visita. Un suo caro amico, classe 1942, frequentava l’ultimo anno di ragioneria e doveva sostenere l’esame di stato:

Erano delle capre di inglese e chi meglio di Fenoglio, grande traduttore [poteva aiutarli?] [Fenoglio] andava al bar, si mettono d’accordo con il bidello nel bagno per fargli avere il testo da tradurre, lo portano al bar, Fenoglio lo traduce e glielo riconsegna tradotto. Copiano tutti: il testo è perfetto. Promossi? Macché! Tutti rimandati: il testo non era credibile. Non avevano pensato di fare degli errori.

L’inglese non fu solo il suo fedele compagno di traduzioni, ma anche la lingua utilizzata quando l’italiano non rendeva giustizia a certe espressioni. Infatti, Beppe non si poneva alcun limite linguistico e spesso ricorreva a neologismi. Era lui stesso a coniarli per trasferire sulla carta un determinato concetto non contemplato dalla sua lingua madre.

Piazza Duomo ne I ventitré giorni della città di Alba

Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944.

Questo è l’inizio de I ventitré giorni della città di Alba, opera in cui Beppe Fenoglio raccontò la liberazione di Alba. L’evento raggiunse il culmine con una sfilata di partigiani in Piazza Duomo, così descritta:

Allora qualcuno s’attaccò alla fune del campanone della cattedrale, altri alle corde delle campane dell’altre otto chiese di Alba e sembrò che sulla città piovesse scheggioni di bronzo. La gente, ferma o che camminasse, teneva la testa rientrata nelle spalle e aveva la faccia degli ubriachi o quella di chi s’aspetta il solletico in qualche parte. Così la gente, pressata contro i muri di via Maestra, vide passare i partigiani delle Langhe. Non che non n’avesse visti mai, al tempo che in Alba era di guarnigione il II Reggimento Cacciatori degli Appennini e che questi tornavano dall’aver rastrellato una porzione di Langa, ce n’era sempre da vedere uno o due con le mani legate col fildiferro e il muso macellato, ma erano solo uno o due, mentre ora c’erano tutti (come credere che ce ne fossero altri ancora?) e nella loro miglior forma.
Fu la più selvaggia parata della storia moderna: solamente di divise ce n’era per cento carnevali. Fece un’impressione senza pari quel partigiano semplice che passò rivestito dell’uniforme di gala di colonnello d’artiglieria cogli alamari neri e le bande gialle e intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri col grosso gancio. Sfilarono i badogliani con sulle spalle il fazzoletto azzurro e i garibaldini col fazzoletto rosso e tutti, o quasi, portavano ricamato sul fazzoletto il nome di battaglia. La gente li leggeva come si leggono i numeri sulla schiena dei corridori ciclisti; lesse nomi romantici e formidabili, che andavano da Rolando a Dinamite. Cogli uomini sfilarono le partigiane, in abiti maschili, e qui qualcuno tra la gente cominciò a mormorare: – Ahi, povera Italia! – perché queste ragazze avevano delle facce e un’andatura che i cittadini presero tutti a strizzar l’occhio. I comandanti, che su questo punto non si facevano illusioni, alla vigilia della calata avevano dato ordine che le partigiane restassero assolutamente sulle colline, ma quelle li avevano mandati a farsi fottere e s’erano scaraventate in città.

Il realismo, stemperato sapientemente dall’ironia, è la cifra stilistica di Beppe Fenoglio, come emerge dalla descrizione sopra riportata. L’impresa, tanto eroica e sofferta quanto sgangherata, fu opera di ragazzi e ragazze di vent’anni inespertə e disorganizzatə. Una volta cacciati i fascisti, rimasero solo in duecento a proteggere la città, mentre la maggior parte di loro era intenta a festeggiare alla fiera autunnale di Dogliani.

Le partigiane descritte da Beppe Fenoglio

partigiane italiane combattenti

Aspetto rilevante, se consideriamo la condizione delle donne nel Novecento, che puoi approfondire nell’articolo sulla storia di Rosie The Riveter e del lavoro femminile, è la rappresentazione delle partigiane. Di queste ultime spesso si ignora o si omette la presenza e il contributo fondamentale nella Liberazione dell’Italia. Fenoglio, al contrario, ne riconosce la partecipazione e l’autodeterminazione. Questi comportamenti contraddistinsero molte donne durante la Seconda Guerra Mondiale. Ciò riguardò non solo le guerrigliere in prima linea o le staffette, ma anche le civili oppositrici al Regime nazifascista. A tal proposito, puoi leggere l’esempio emblematico della mia compaesana: Maria Isoardo – una storia di Resistenza femminile alla violenza.

Una questione privata nel Cortile della Maddalena

Lasciata Piazza Risorgimento, anche detta Piazza Duomo, sulla quale si affaccia la cattedrale, lo sguardo è rivolto all’Antico Caffè Calissano. Al suo interno, Fenoglio era solito conversare e leggere, come si faceva negli storici caffè letterari. Da qui seguiamo una delle due vie principali di Alba: via Maestra. Tra una boutique e l’altra, il decumano romano, ora strada dello shopping, è fiancheggiato da antiche botteghe e case medievali ristrutturate.

Bastano pochi metri per trovarsi di fronte all’ingresso del Cortile della Maddalena. L’area prende il nome dal monastero domenicano, fondato dalla Beata Margherita di Savoia e intitolato a Santa Maria Maddalena.

Da convento di clausura, nel secolo scorso gli edifici vennero convertiti in polo commerciale, location di esposizioni internazionali, basti pensare alla prestigiosa Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Alba, scolastico, culturale e sportivo con biblioteca e palestra. Proprio in questo luogo Fenoglio ambientò l’incontro da cui prenderà forma il triangolo amoroso del romanzo Una questione privata. E non è un caso se si pensa alla passione di Fenoglio per lo sport, in particolare per il basket, la pallapugno e il nuoto.

Era stato Giorgio Chierici a presentargliela [Fulvia a Milton] in palestra, dopo una partita di pallacanestro.

I protagonisti sono due ragazzi, amici e partigiani: Milton e Giorgio, a cui si aggiunge un’avvenente ragazza: Fulvia. Di lei Milton si innamora perdutamente, ma non è sicuro di essere corrisposto. Infatti, sospetta che la giovane abbia (o abbia avuto) una relazione con Giorgio, a causa delle allusioni della sua governante.

Sullo sfondo di una questione pubblica sempre più drammatica e urgente, quella della Resistenza, la questione privata del trio diventa di pari passo più nebulosa e intricata. Ciò riguarda soprattutto Milton che non trova pace, dato che gli altri due personaggi escono di scena. Giorgio viene catturato dai fascisti e Fulvia rientra a Torino dai suoi genitori.

Come scrive Italo Calvino nella prefazione di Una questione privata, che considera:

Il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava

Milton sembra quasi l’Orlando Furioso. Rischia (e forse addirittura perde) la vita, affrontando con foga, incoscienza e impeto un susseguirsi di vicende rocambolesche contro i suoi nemici pubblici: i fascisti, i nazisti e privati: i suoi stessi dubbi.

C’era di mezzo la più lunga notte della sua vita. Ma domani avrebbe saputo. Non poteva più vivere senza sapere e, soprattutto, non poteva morire senza sapere, in un’epoca in cui i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere. Avrebbe rinunciato a tutto per quella verità, tra quella verità e l’intelligenza del creato avrebbe optato per la prima.

Il liceo classico “G. Govone”: il luogo preferito di Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio conservò per tutta la sua vita un ricordo tenero e idilliaco del liceo classico “G. Govone” di Alba. Qui tre professori, tutti antifascisti, lo formarono come studente e prima ancora come persona:

  1. Prof. Cocito, docente di italiano, ucciso in modo brutale dai nazifascisti e medaglia al valore.
  2. Prof. Chiodi, insegnante di filosofia, partigiano sopravvissuto ai campi di concentramento e docente all’università di Torino.
  3. Prof.ssa Marchiaro che insegnava inglese e riuscì, seppur con mille difficoltà, (l’inglese era la lingua del nemico, perciò osteggiata dal Regime) a trasmettere a Beppe la passione per questa materia, in cui eccelleva.

La dimestichezza con questa lingua lo portò persino a scrivere Il partigiano Johnny in inglese, per poi tradurlo in italiano. Ed ecco il motivo per cui, quando l’italiano non restituiva la potenza espressiva cercata con grande impegno dall’autore, le frasi rimanevano in inglese.

Si sentì investito – nor death itself would have been divestiture – in nome dell’autentico popolo d’Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto.

Il seminario de La malora

Lasciato il liceo classico “G. Govone”, un’altra tappa del percorso Tra le righe di Fenoglio è il seminario. L’edificio viene citato ne La malora come il luogo in cui è destinato Emilio, fratello di Agostino che è il protagonista del romanzo. Il suo tragico inizio è già preludio della vita di stenti dei personaggi, che rispecchia l’esistenza della povera gente di Langa.

Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra. Era mancato nella notte di giovedì l’altro e lo seppellimmo domenica, tra le due messe.

Avevo appena sotterrato mio padre e già andavo a ripigliare in tutto e per tutto la mia vita grama, neanche la morte di mio padre valeva a cambiarmi il destino. E allora potevo tagliare a destra, arrivare a Belbo e cercarmi un gorgo profondo abbastanza.

Se a Emilio tocca una vita in seminario, che invece di essere dignitosa, si rivela ben presto precaria e al limite della miseria, per Agostino l’unica strada per sopravvivere è andare a servizio.

Io ero a servire, l’unico di tutta la parentela che fosse a servire, e la cosa imbarazzava anche loro.

Ed è così che:

Nel pieno della malora la vita m’era diventata insopportabile.

In effetti, l’unico breve momento di gioia per Agostino è l’incontro con Fede, una ragazza di cui si innamora, ma che è già promessa ad un altro uomo.

Il Convitto ne Il partigiano Johnny

Un altro luogo chiave delle vicende della Resistenza fu il Civico Collegio Convitto. Questo edificio, come la palestra del Cortile della Maddalena, risaliva agli anni Trenta del Novecento e incarnava i principi funzionali dell’architettura civile fascista. Collocato in posizione centrale, nelle vicinanze della cattedrale, con la sua notevole estensione diventò il Comando Piazza, cioè il centro di comando partigiano. Qui si tenevano i parlamenti, spesso lunghe ed estenuanti sedute in cui i capi partigiani si organizzavano, trattando questioni di approvvigionamento, difesa e amministrazione.

Ciò avvenne anche alla vigilia della liberazione della città, come ricordato ne Il partigiano Johnny, in cui le consultazioni continuarono a protrarsi fino a notte fonda.

Allora Nord ordinò che tutti gli uomini guarnissero la nuda cresta incombente sulla città, per lontana ed eloquente visione agli indecisi fascisti. Gli uomini si scatenarono su e là stettero in colonnare linea. Johnny guardò giù con il cuore in gola. Guardò le rossigne fortezze mura del Vescovado, circondanti l’ultimo parlamento. E la città sulla bilancia appariva vuota, ma viva di un segreto cardiopulso.

Nel frattempo, le formazioni partigiane erano in attesa, appostate sulle colline alle spalle delle mura medievali della città. A un certo punto, come anche ricordato ne I ventitré giorni della citta di Alba, giunse il fatidico ordine di scendere verso Alba per liberarla.

Nel frattempo, le formazioni partigiane erano in attesa, appostate sulle colline alle spalle delle mura medievali della città. A un certo punto, come anche ricordato ne I ventitré giorni della citta di Alba, giunse il fatidico ordine di scendere verso Alba per liberarla.

Scesero la collina, molti piangendo e molti bestemmiando, scuotendo la testa guardavano la città che laggiù tremava come una creatura.

La mostra: Beppe Fenoglio – Una maniera di metter fuori le parole

Dopo aver rievocato gli attimi concitati prima della liberazione della città, il tour si conclude con il rientro al luogo di partenza, cioè Piazza Rossetti. Da qui, è consigliabile proseguire verso la mostra: Beppe Fenoglio – Una maniera di metter fuori le parole (frase pronunciata da Fulvia nel rivolgersi a Milton in Una questione privata) presso il Palazzo banca d’Alba.

Al suo interno, oltre alla celebre macchina da scrivere di Fenoglio e a un diario manoscritto, sono esposti i dattiloscritti originali dell’autore. Questi sono tratti da Una questione privata e da Il partigiano Johnny. Con la supervisione della figlia Margherita, sono state estrapolate quindici parole, neologismi compresi, capaci di rappresentare lo scelte stilistiche fenogliane. Uno stile personale, ricercato e di grande potenza espressiva.

Conclusioni sull’attualità della Resistenza

Seppure con le dovute differenze, in quanto la Storia si ripete ma non uguale a se stessa, con dinamiche e protagonisti unici, un parallelismo tra la situazione vissuta oggi dai civili in Ucraina e quella affrontata dai nostri nonni o bisnonni durante la Seconda Guerra Mondiale è innegabile. Gli Ucraini di oggi e gli Italiani, nonché la maggior parte degli Europei, di allora sono cittadini oppressi, assediati, uccisi, torturati e violentati da un invasore che non risparmia niente e nessuno. Da qui la necessità di resistere per difendersi e rivendicare la propria libertà e il diritto di esistere come Popolo e come Nazione.

Quindi, i valori della Resistenza sono più che mai attuali e condivisibili non solo dagli Ucraini, ma anche da tutti coloro che in qualsiasi parte del mondo si trovano ad affrontare un regime dittatoriale prevaricatore, contro cui resistere non è una delle tante scelte, ma è l’unica possibile. Tutto ciò avviene a prescindere dai colori politici di oppressi e oppressori, per il semplice fatto che la libertà non ha alcuna connotazione politica, nonostante per tanto tempo (e talvolta ancora oggi) la Resistenza sia stata associata solo ed esclusivamente al Comunismo, come scrisse Fenoglio nel libro de Il Partigiano Johnny.

Non si può essere partigiani senza un preciso sustrato ideologico […] Non si sarà partigiani se non si sarà comunisti.

Verità e falsi miti sui partigiani

Certo è che essere partigiani durante la Seconda Guerra Mondiale significava ribellarsi al Regime nazi-fascista, appartenente all’estrema destra. Tuttavia, tra i partigiani c’erano esponenti di diverse fazioni politiche: non solo comunisti ma anche cattolici, socialisti, liberali, monarchici e chi non aveva un orientamento politico così definito, come spiega in modo chiaro l’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani).

Lo stesso Fenoglio prima si unì alle Brigate Garibaldi, organizzate dal Partito Comunista Italiano, per poi passare alle formazioni azzurre, autonome ma politicamente monarchiche e badogliane. Quindi, evitare di strumentalizzare la Resistenza è la svolta auspicabile per concepire la giornata del 25 aprile come un momento di unità nazionale, e gli ideali di libertà dei partigiani come universali e comuni a qualunque territorio e cultura.

E per te che cosa rappresentano i valori della Resistenza, anche alla luce dell’attualità e del Centenario fenogliano? Hai già aderito a una o più delle iniziative organizzate in occasione dell’anniversario? Per partecipare, consulta la pagina dedicata agli eventi sul sito di Beppe Fenoglio 22 e raccontami il tuo punto di vista e la tua esperienza nei commenti!
Ah, piccolo spoiler oltre agli eventi di Beppe Fenoglio 22: sarò anche una delle lettrici della Maratona fenogliana di domenica 24 settembre!

Le informazioni contenute in questo blog post sono tratte dal tour guidato: Tra le righe di Fenoglio e dai pannelli descrittivi presenti ad Alba, integrati da uno studio personale.

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4 thoughts on “Sulle tracce della vita e dei capolavori di Beppe Fenoglio ad Alba: I ventitré giorni della città di Alba, Una questione privata, La malora e Il partigiano Johnny

  1. Merci Cristina d’avoir partagé cette visite guidée et l’étude que tu as faite de Beppe Fegnolo. C’est très bien écrit, bravo !!
    Rina

    1. Cristina Bertolino says:

      Merci à toi pour avoir lu cet article🙏🏻
      Beppe Fenoglio est l’écrivain de la Résistance italienne contre le Nazi-fascisme, un peu comme le français Vercors, dont j’ai beaucoup aimé: “Le silence de la mer”💜

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